Il vero, grande e terribile argomento che soggiace a tutta la nostra modernità è il non sapere più chi noi siamo. La Rivoluzione ha portato a questo: ha sì creato un mondo nuovo, ma quel mondo è disumano nel senso che ignora le aspirazioni più alte dell’individuo escludendone i valori trascendenti. Gli unici valori consentiti sono quelli immanenti, figli del secolo. Oltre, si entra nel campo del proibito.
Si badi: non si sta parlando di valori meramente religiosi: il discorso è legato a qualcosa di oggettivo, vero in sé. Si prenda la bellezza: secoli di dibattito sull’estetica ci hanno insegnato che è difficile definirla e ammettere che sia una categoria univoca. E invece lo è, in ciò che essa ambisce ad essere. Ogni uomo, infatti, cerca la bellezza. La desidera, la agogna. Perché? Perché la bellezza non soltanto dà piacere estetico, ma richiama a verità più alte e somme. Per un cristiano, la bellezza è un dono di Dio che rimanda alla Sua perfezione; per un ateo, può significare la perfezione dell’Universo. Ma non è questo il punto; il problema è che la Rivoluzione, come processo gnostico, aborre la bellezza, che è un canone assoluto e per lo più stabile nel tempo. La nega in quanto richiama a concetti più alti. La ostacola, perché non è egualitaria. La odia, perché è il massimo grado visibile della verità. Ecco dunque il profluvio di pitture, sculture, musiche oggettivamente brutte, che caratterizzano l’ultimo secolo e mezzo di storia dell’arte. Ecco dunque la creazione di città inestetiche, egualitarie – le periferie sono tutte uguali – e per giunta nemiche del paesaggio. Ecco la moda, squallida e inelegante ma egualitaria perché ormai onnipresente su tutto il pianeta. Eppure, nel cuore dell’uomo rimane il desiderio per le cose belle. Rimane l’aspirazione a diventare belli, dentro e fuori, e a circondarsi di bellezza. Quale bellezza, se non viene più insegnata? Senza un’istruzione ed una educazione alle cose belle, le giovani generazioni non potranno addestrare il loro senso estetico.
G. E. Cavallo, Per Dio e per il re. Vandea. eroi e martiri della Controrivoluzione, pp. 285-286.