Giorgio Enrico Cavallo

17 marzo. Buon compleanno, Italia.

17 marzo 1861. Buon compleanno, Italia. Al parlamento di Torino si sanciva, in questo giorno memorabile, la nascita del Regno d’Italia, sotto la guida di Vittorio Emanuele II di Savoia, con Camillo Cavour come primo ministro. Dovrebbe essere la più importante delle festività laiche del nostro stato. Un po’ come lo è il 4 luglio per gli americani o il 14 luglio per i francesi. E invece il 17 marzo è una data che passa quasi inosservata, e fino al 2011 (150esimo anniversario dell’unità) pressoché nessuno ricordava questa importante ricorrenza. Misteri del Belpaese, raro caso di nazione nata dall’alto (e non “dal basso” come avvenuto in molti altri paesi, Stati Uniti in primis). Il nostro Risorgimento fu diretto dallo studiolo di Cavour, il quale da Torino seppe organizzare la guerra all’Austria, i moti in Italia Centrale, la spedizione di Garibaldi. Cavour insieme ai governi di Francia e Inghilterra, ovviamente. Che poi l’unità d’Italia fosse voluta o meno era argomento che non importava a nessuno, fatto salvo qualche raro onest’uomo come il D’Azeglio, che in parlamento si domandò più volte se fosse stato davvero il caso di farla, quest’unità, poiché a sud del Tronto i partigiani meridionali non ne volevano sapere. Cose che succedono, quando a decidere dei destini dei popoli sono pochi uomini, specie poi se i destini di quei popoli diventano merce di scambio sul Risiko mondiale. D’accordo: la buona borghesia della penisola era in genere per l’unità. Ma costituiva una percentuale risibile. Al contadino del Meridione (ma anche a quello piemontese o lombardo) del Risorgimento non poteva importare granché. E i contadini, allora, erano la stragrande maggioranza degli italiani forzatamente uniti in un’unica nazione nella quale si parlavano almeno 40 lingue diverse. L’Italia nacque male, con un pesante debito di guerra contratto dal Piemonte che fu pagato da tutti. L’Italia nacque senza una guida, perché Cavour morì dopo pochi mesi di governo lasciando il neonato regno nelle mani di soggetti incolori, che Ferdinando Petruccelli della Gattina immortalò in un libro il cui titolo dice tutto: “I moribondi di palazzo Carignano”. Eppure, l’Italia nacque. E l’Italia si lanciò alla riconquista di Trento e Trieste, si segnalò nel mondo con i suoi figli geniali, si fece grande (nel piccolo) con le sue imprese, piccole (ma grandi), aziende che hanno reso il nostro paese il leader mondiale della qualità artigiana e dell’enogastronomia. Non sarebbe avvenuto nulla di ciò senza l’occhialuto Cavour e senza il mercenario Garibaldi. Un Risorgimento senza eroi, per dirlo con Gobetti, che però ha reso grandi gli italiani delle generazioni future. Gli italiani della qualità, dell’eccellenza; l’Italia del sacrificio che dopo l’ultima guerra è diventata la quarta potenza mondiale. Quell’Italia era nata il 17 marzo 1861, con Vittorio Emanuele II. Italia una e monarchica. Italia che guardava al domani con ottimismo e speranza. Forse era nata male, un po’ per sbaglio. Sta a noi, oggi, renderla migliore e difenderla dalle nuove minacce che la insidiano.

Da: CronacaQui, 17 marzo 2024