Giorgio Enrico Cavallo

“L’anno più caldo della storia”. Come no.

Ci risiamo. A dicembre, puntuali come i panettoni sugli scaffali dei supermercati, arrivano anche i bollettini sul clima, delle stime che pretendono di fare il punto della situazione. A dirla tutta, i bollettini ormai ci vengono propinati ogni fine stagione, e talvolta ogni fine mese (e presto ogni settimana o giorno). Ma quelli di fine anno sono i migliori, perché sanno molto di résumé, di riassunto delle puntate precedenti. Non si sa perché si debba sempre fare il punto su qualcosa, forse è una deformazione mentale dell’uomo moderno, con la sua smania di tenere tutto sotto controllo. Comunque, ogni benedetto anno secondo i “professionisti dell’informazione” è sempre l’anno più caldo della storia. Quando vogliono fare i moderati, è “l’anno più caldo dal…” e qui seguono date a caso, buttate lì perché ovviamente impossibili da verificare con precisione. Il motivo è molto semplice: un serio monitoraggio sul clima è cosa che avviene da un secolo o poco più, e ovviamente solo nel mondo occidentale. Nessuno per decenni ha mai monitorato il clima in Africa o in Sud America o ancora nella stragrande maggioranza dell’Asia. Dunque, affermare che “il [inserire anno a caso] è l’anno più caldo dal [inserire anno a caso]” è una stima del tutto ipotetica, basata su rilevamenti condotti per decenni su una percentuale minima del globo, e con strumenti non così precisi come quelli odierni. Ma la vera chicca, ormai consueta, è “l’anno più caldo di sempre” o, come già scrivono le agenzie per il 2023 (pur citando fonti presunte autorevoli), “l’anno più caldo della storia della Terra”. Dunque, più caldo perfino dell’epoca dei dinosauri, quando sulla Terra faceva un caldo torrido spaventoso? O più caldo del periodo romano e quello medievale, quando Annibale poteva permettersi di valicare in tutta tranquillità le Alpi (senza ghiacciai) e i vichinghi battezzavano la Groenlandia come la “terra verde” (senza ghiacciai, almeno nella zona costiera?). Solo più in basso, nell’articolo linkato, si spiega che il 2023 è “l’anno solare più caldo mai registrato”, che chiunque capisce che non è come dire il “più caldo della storia della Terra” (e che comunque è un dato impreciso per i motivi già esposti). Premesso che l’epoca nella quale viviamo è senza dubbio più calda di quella precedente (dal XIV al XIX secolo, piccola era glaciale) e che la Terra si sta effettivamente scaldando (per cause naturali, per colpa dell’uomo: non entro nella discussione, anche se personalmente propendo per la prima ipotesi) per quale motivo ogni anno bisogna allarmare i lettori con articoli “gridati” che non vogliono dire nulla perché deformati o palesemente antistorici? Perché il giornalismo ormai da anni si fonda sull’allarme continuo, reiterato e sterile? Da storico e giornalista, non posso che vergognarmi della decadenza di quella che un tempo era una nobile professione e che oggi appare decaduta come l’aristocrazia di Ancien Régime. Non è che serva essere degli storici per capire che un titolo come “l’anno più caldo della storia” è illogico: basta il buon senso, e la considerazione che a volere tutto ciò siano attori esterni alle redazioni stesse. Le notizie che arrivano in redazione sono assurde? In un mondo normale si dovrebbe passare oltre, o vagliarle con estrema attenzione. D’altronde, mica i giornali sono obbligati a pubblicare tutto, sono professionisti dell’informazione. O no?