Giorgio Enrico Cavallo

Abracadabra e resilienza

In quello che è forse il più bel film della Disney, il bislacco Mago Merlino agita la sua bacchetta farfugliando delle parole a caso e accadono le cose più incredibili. Higitus Figitus et voilà, ecco che i piatti si lavano da soli e gli oggetti, rimpicciolendosi, entrano nella valigia uno dopo l’altro.

Altri tempi. Oggi il latino del mago barbuto, il latinorum che cavava dagli impicci il pavido don Abbondio non serve più a niente. Infatti non si studia quasi più (tranne al liceo classico, trincea degli ultimi eroi moderni). Al posto delle strambe parole magiche di Merlino e del latinorum manzoniano, oggi ci sono nuove formule magiche che risolvono le situazioni più difficili. Ne ho scelte due.

Partiamo dalla resilienza. Una parola misteriosa, fino a pochi anni fa: era infatti un oscuro concetto della meccanica. Ricordo che lo studiai al liceo e forse non lo capii nemmeno molto bene. Ma quelli erano problemi miei: dovevo nascere qualche anno dopo, ed avrei trovato la resilienza un po’ ovunque. Oggi si può dire che siamo circondati. Altro che Hocus Pocus! La resilienza è passata da essere “la capacità di un materiale di non rompersi se sottoposto ad una deformazione” ad una non ben precisata qualità che pare essere ovunque, come la Forza dei cavalieri Jedi. Oggi c’è la città resiliente, la musica resiliente, la società resiliente. C’è perfino il PNRR, che permetterà di fare chissà cosa (aumentando il nostro debito con l’Unione Europea) perché è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

C’è poi l’inclusività. Che è la “tendenza ad estendere a quanti più soggetti possibili il godimento di un diritto o la partecipazione a un sistema o a un’attività”. Lasciamo perdere i diritti, che sono un’altra parolina magica dall’epoca degli illuministi à-la-page in poi. Il resto suona un po’ come: “volemmossebbene”. È l’elevato valore glicemico di questa definizione a generare il senso di nausea che molti provano non appena leggono i fervorini perbenisti, nei quali si sparge inclusione come i coriandoli a carnevale. Il fatto è che i Merlini del Duemila sono convinti che i problemi odierni si combattano a parole: ecco perché l’eccessiva amarezza del presente viene combattuta con una dose eccessiva di zucchero. Zucchero verbale. E nulla più.

L’uso di queste parole, che gli inglesi chiamerebbero buzzword, denota ormai due mondi diversi. C’è chi non si sognerebbe mai nemmeno di pronunciarle e c’è chi ne fa una bandiera, un po’ come gli slogan della vecchia politica. Ed ecco: alle storiche parole-d’ordine della sinistra culturale si sono sovrapposti questi vocaboli melliflui. Ridateci le battaglie storiche della sinistra, che almeno avevano senso pratico e scaldavano gli animi. Dal “potere al proletariato” si è arrivati a “inclusività resiliente”. Qualunque cosa voglia dire.